Quando rileggiamo i Maestri del passato,
quando incontriamo qualcuno con lo sguardo sereno e semplicità indica la Via
(consapevolmente o meno), quando incrociamo lo sguardo stupito di bambino,
capiamo che il lavoro da fare è tanto e la nostra presunzione di conoscenza è
un atto di “arroganza”. Si fa strada la consapevolezza dell’ignoranza. Questa
consapevolezza non deve indurre tristezza, ma gioia. E’ solo in questo momento
che l’ardore del sacro fuoco che non brucia ritorna ad essere vivo e la voglia
di lavorare con maggiore assiduità ed intensità si fa più viva che mai.
Il lavoro, come il viaggio è infinito e
pieno di soste e luoghi meravigliosi e spaventosi da visitare, nei quali
sostare per diventare cittadini di molte esperienze. La fatica ed il sudore sono una delle condizioni minime
per avere una giusta paga ognuno per il suo.
Non si penetrerà mai sino in fondo il
mistero dei misteri se non si è disposi a lottare per esso, se non si è
disposti ad amare di un amore incondizionati che tutto può prendere, ma tutto
può dare in una misura maggiore di quanto si è dato. Il momento della paga e
della soddisfazione non è determinato né certo, ma il viaggiatore, pur avendo
tra i suoi scopi la meta, ha come primaria necessità vitale quella di camminare
la Via.
La quiete è per pochi, i molti devono
convivere con l’inquietudine. Essere operari all’interno di un Atanor vivente e
spesso perdersi e ritrovarsi. La putrefazione come le fasi dell’opera non è
detto che avvengano una volta per tutte, ma il lavoro può prevedere molteplici
tentativi e diversi inizi. Fucina di Fabbro, Laboratorio Alchemico, Cantiere di
Muratori e Carpentieri e molto altro ancora si dovrà visitare, ogni volta
chiedere di poter essere ammesso come l’ultimo degli apprendisti. Non è quanto
si è fatto, l’eventuale grado raggiunto, la manifestazione di segni che per
alcuni poco contano, ma la capacità di rifarsi “profani” di essere l’ultimo
arrivato che tutto ha ancora da apprendere, il vedere e rivedere ogni giorno
con occhi nuovi il modo uno dei misteri della Maestria. Il maestro non è tale
solo per ciò che sa, il Maestro è!
Essere non l’erudito conoscitore di
poliedriche nozioni, essere colui che vive ed esperisce nella molteplicità
degli stadi e stati del suo proprio essere
infiniti cicli vitali. Esperire la disperazione del fallimento e sulla cenere
della propria anima soffiare e ravvivare la sacra fiamma, il soffio di quel
pneuma che tutto può. Che era all’origine del manifesto e del non manifesto, e
nell’istante che dura meno di un istante essere la VIBRAZIONE da cui tutto è
iniziato e a cui tutto inevitabilmente deve tornare dopo le sofferenze dei
cicli.
L’universo è semplice come sono semplici
le sue leggi, la complessità nasce dall’essersi allontanati da quanto era e
dovrebbe essere. Molteplici i vizi ed i peccati, ognuno ne ha per se e ne
inventa di nuovi; per questo bisogna scavare oscure profonde prigioni in cui “catturare”
e non uccidere una parte di se. È come per un principio della fisica: “ogni
corpo immerso parzialmente o completamente in un liquido riceve una spinta
verticale dal basso verso l'alto, uguale per intensità al peso del fluido che
occupa nel volume spostato”, lo stesso è necessario fare con il proprio
spirito. Immergersi e risalire, rettificare, essere l’ombra e la luce nelle
loro forme più compiute, alla fine è semplicemente questo quanto hanno fatto e fanno
i Maestri sulla via…
Gioia
– Salute – Prosperità
©
Michele Leone
immagine presa dalla rete