Più volte ed in più luoghi abbiamo
parlato del silenzio. Il silenzio, nella maggior parte delle scuole iniziatiche
è caratteristica prima dei neofiti, nelle religioni e negli aspetti più vicini
al sacro di queste il silenzio è caretteristica dei saggi, mistici e uomini di
ri-flessione.
Il silenzio non è solo caratteristica
dell’apprendista, del neofita. Potremmo asserire che esistono diverse qualità
di “silenzio”. Come nel silenzio del neofita vi è l’idea stessa di prendere a
(apprendere) e nell’Adepto il silenzio divene comprensione (prendere con o
insieme) per il Maestro (propriamente il Traditor) il silenzio diviene altro,
esso è qualcosa di più complesso e semplice allo stesso tempo. Oggi ci limiteremo a dare la definizione
presa da un glossario di sanscrito*:
mauna (n): “silenzio”,
silenzio totale e profondo; il silenzio dei guṇa;
lo stato del muni, in cui la mente e
l’intera individualità è risolta nella consapevolezza dell’ ātman, la coscienza nel nirvikalpasahajasamādhi. È condizione
imprescindibile per la realizzazione dello yoga
nel suo senso più elevato. Inteso come attributo, corrisponde a Pārvatī o Durgā, la śakti di Śiva. Secondo Śaṅkara, manua
è uno dei tre segni distintivi (liṅga)
del jñānin o del saṁnyāsin insieme a bālya
e pāṇḍitya.
In altro luogo ed in altro tempo
daremo un più ampio commento di questa definizione di silenzio che implica una
ampia visitazione di culture lontane e primigenee. È importante notare e
riflettere che la sola intellegienza razionale untita alla erudizione non è
possibile cogliere il senso più profondo della natura delle cose. Porsi in
ascolto ed aprendo le vie del cuore inevitabilmente prima o poi si potrà
giungere al silenzio ed alla luce.
Gioia - Salute –
Prosperità
© Michele Leone
*Glossario Sanscrito a
cura del Gruppo Kevala, Roma 2011.
Immagine presa dalla
rete
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