lunedì 29 giugno 2015

Paupertatem summis ingeniis obesse ne provehantur (L’indigenza impedisce i più alti ingegni di progredire)

L’emblema XV di Andrea Alciato* è accompagnato dalla frase sopra riportata. L’idea non era nuova nell’antichità e oggi sembra essere dimenticata. Per una volta non mi cimenterò in interpretazioni iconologiche o non guarderò al passato che tanto ha da insegnarci.
L’accesso all’istruzione, dovrebbe essere garantito a livello planetario come l’accesso all’acqua ed almeno ad una scodella di riso. In questo chiassoso mondo fatto di eccesso di informazioni e di opinioni, spesso fanno più scalpore due tette, un gattino orribile sui social, una partita di quello sport con 22 uomini in mutande che rincorrono una palla che un “cattivo” maestro o quel quasi miliardo di analfabeti sparsi per il globo e peggio gli n lobotomizzati di ritorno.
Combattere per la salvaguardia e la tutela delle culture tradizionali e dare l’opportunità ad ogni persona di seguire le sue proprie (vere) inclinazioni è dovere di ogni individuo. Ogni stato che si rispetti, prima ancora di pensare a finti problemi economici dovrebbe pensare alla formazione dei suoi propri cittadini. Se l’ignoranza è paragonabile alla peggiore forme di terrorismo allora ci dovrebbero essere dei reparti speciali che casa per casa vanno a “stanare” gli indigenti dello spirito. Anche se vi è chi non ha interesse ad evolversi, e vuole restare parte di un gregge di pecorelle atte ad essere munte o tosate dall’industria del non pensiero, tutti devono avere la possibilità di scegliere cosa essere. Vi è più dignità in chi pratica con passione e “scienza” le così dette arti meccaniche che non in quelle sciacquette che si occupano di arti liberali in cerca di un posto fisso. E’ inconcepibile che anche in Italia ci siano centri abitati che non siano dotati di una Biblioteca pubblica fosse anche dotata di 40 libri e 2 giornali. Una biblioteca può e deve diventare uno dei centri di incontro della comunità, dai bambini agli anziani, dallo studente alla casalinga. Creare luoghi dove possano nascere e svilupparsi idee e competenze è compito dello Stato, prima ancora di aiutare soggetti altri. Non pane e circo, anche se oggi assistiamo ad una decuplicazione del circo (della peggiore specie) ed a una sparizione del pane. Ma pane e possibilità di evoluzione della persona. Solo dopo queste operazioni si può iniziare a parlare di cattiva o buona scuola, e magari raddoppiare o triplicare gli stipendi degli insegnanti delle scuole dell’infanzia e delle elementari (ovviamente solo a chi fa volare i bambini non a chi li ancora con le pietre). No, non sono impazzito, la vera sfida sta e parte dalla educazione e formazione dei bambini. Aiutare un bambino a crescere, individuarne le capacità ed i talenti e aiutarlo a svilupparli è il compito del Maestro. Da sempre la pancia vuota non aiuta il “genio” quindi dovremmo cercare di lavorare non per il pane e circo, ma per pane e cultura (qualunque idea accezione o definizione si voglia a dare a questa parola, quasi in disuso).
Gioia – Salute – Prosperità
© Michele Leone
Immagini prese dalla rete  



*Andrea Alciato, Il libro degli emblemi, intr., trad. e comm di Mino Gabriele, Milano 2015



martedì 16 giugno 2015

Le iniziazioni ai misteri in uso tra gli umani non hanno nulla di sacro.*

Questa frase di Eraclito potrebbe far strappare le vesti, ai cultori di una certa filosofia e a chi nel Filosofo vede un punto di contatto tra la tradizione iniziatica del primo occidente e quella orientale. Non ho intenzione di cimentarmi in una dissertazione filologia e neanche dare dotte conclusioni, ho il semplice desiderio di una piccola riflessione. Al di là della possibile polemica di Eraclito contro la “politicizzazione e profanizzazione” delle iniziazioni ai misteri cosa possiamo imparare da questa frase? Innanzi tutto che negli ultimi 2500 anni è cambiato poco o nulla. Tutti coloro che tentano di trarre un vantaggio personale, o giocano umanamente con l’iniziazione ai Misteri e conseguentemente con la Tradizione non fanno altro che renderla o inutile o creare dei possibili fenomeni di contro-iniziazione. L’Iniziazione e la Tradizione, fanno parte di quanto vi è di più intimo nella natura degli esseri umani, a queste potremmo aggiungere il rapporto con il sacro. Non è possibile avvicinarsi a queste senza la primigenia meraviglia, quella tipica del “fanciullo” ossia di chi colui che non conosce. Meraviglia e stupore sono caratteristiche, oserei dire qualità che permettono di avvicinarsi alle iniziazioni con il giusto piede scalzo. A voi lasciarvi trasportare dal pensiero dell’ Oscuro.
Gioia – Salute – Prosperità
© Michele Leone
Immagine presa dalla rete. Tiziano Bacco e Arianna

*Eraclito, Dell’origine, trad. e a c. di A. Tonelli, Milano 1993

domenica 14 giugno 2015

C’è del perverso negli editori, invettiva contro le note a fine testo

Mi piacerebbe invitare a cena per “litigare furiosamente” davanti ad un buon bicchiere di vino con quei pervertiti che decidono l’inserimento delle note a fine testo (o fine capitolo) al posto che a piè di pagina. La questione è complessa perché spesso lo stesso editore per alcuni titoli usa un tipo di note e per altri l’altro. Mi chiedo se vengano pagati da un qualche comitato per la non lettura delle note, che spesso sono la parte più interessante di un libro. Bisognerebbe ricevere da costoro o dall’editore un rimborso sul prezzo di copertina per il tempo che si perde per saltare dal passo che si sta leggendo alla fine del libro alla ricerca delle note. E’ un attentato alla cultura, alla lettura e soprattutto è un gesto di fortissima cattiva educazione e mancanza di rispetto nei confronti del lettore. Posso ben capire un testo che abbia sia note a piè pagina sia note a fine testo, non si potrebbe fare diversamente, ma per quale motivo scegliere razionalmente di creare delle difficoltà alla lettura? Ecco l’ho detto, scusate (lettori) l’invettiva, anzi la butto lì: e se creassimo un comitato o un movimento (come va di moda oggi) contro le note a fine testo? Se provassimo addirittura con un referendum per creare una legge ad hoc contro questi vandali della lettura?
Uniamoci contro questa perversione per il diritto di leggere con facilità J
A questo punto non posso che augurarvi buona lettura ed invidiare i lettori di romanzi
© Michele Leone

Immagine presa dalla rete


Da Eleusi a Londra piccolo viaggio iniziatico con le mani pure

… E non ha tutti quelli che vi aspirano è concesso di prendere parte ai riti misterici, ma a alcuni viene intimato di stare alla larga, per esempio chi non ha mani pure e parla una lingua incomprensibile…*

Che le iniziazioni siano da sempre legate a una forma di “selezione” dei candidati è cosa risaputa e le motivazioni possono essere le più varie. Che quanto è rimasto della Tradizione è oggigiorno frammentato è altrettanto risaputo. Che il dovere di chi è sulla strada sia riunire quanto è sparso è noto. Da svariate lune “inciampo” in Eleusi e Orfeo, prima o poi mi dovrò dedicare con seria costanza al compito di approfondire metodicamente questi Misteri. Oggi voglio soffermarmi su di una parte di questa piccola citazione. “Chi non ha mani pure”, le mani pure che non devono macchiarsi, possono essere metafora o allegoria di molte cose. Ritroviamo le mani pure in molte scuole iniziatiche tra cui la Massoneria. Quando parlo di massoneria, il mio riferimento di solito è al concetto di massoneria e non ad una o all’altra istituzione massonica esistita o esistente. Se non erro durante l’iniziazione muratoria, al neofita è detto che le sue mani devono restare pure. Se devono restare pure significa che lo erano…
…se lo erano, vuol dire che secondo quanto è riportato nella citazione, egli aveva questo requisito. Se aveva questo requisito, poteva aspirare e ricevere il “privilegio” di prendere parte ai riti misterici e nella moderna massoneria ricevere l’iniziazione.
Spesso i punti di contatto con le tradizioni e la Tradizione non sono così occulti e misteriosi come alcuni vogliono farci credere. Spesso sono la nostra limitatezza di informazioni, di conoscenza o di desiderio di metterci in gioco che non ci permettono di vedere oltre il nostro naso o di affidare aprioristicamente al primo “guru” di turno la nostra crescita.
Il mio invito è di camminare e ogni tanto capiterà di inciampare a volte ci si sbuccerà un ginocchio a volte si troverà un indizio per la ricerca.

Gioia – Salute – Prosperità
© Michele Leone
Immagine presa dalla rete

*In: Eleusis e Orfismo: I Misteri e la tradizione iniziatica greca, a c. di Angelo Tonelli, Milano 2015

giovedì 4 giugno 2015

simbolo e poesia

Mi è stato chiesto di trovare un verso che mi rappresenti. Domanda impertinente e scomoda, domanda che mi ha obbligato ad aprire una collezione di vasi di Pandora…
…questo pellegrinaggio non mi ha portato a prendere una decisione su quale verso mi rappresenti, anche perché la poesia, almeno nella sua forma espressiva canonica ultimamente mi tradisce con più audaci giovanotti, è la poesia. Mi sarebbe stato più facile scrivere il mio epitaffio. Devo gratitudine, alla domanda impertinente ed alle labbra che l’hanno pronunciata, d'altronde solo (o quasi) le domande impertinenti portano scoperte interessanti. A Voi una delle mie antiche poesie alla quale per svariati motivi sono affezionato.
Simbolo
Ricerchi
tra
domande
e
vane
parole
l’intimo significato
di
quanto
non può
esser
detto
da
parole
comunque
sempre
troppo
profane.
gl’interrogativi
posti
ai
veri Maestri
restano
senza risposte
la stessa Natura
riderà
beffandosi
dell’inutile ciarlare.

l’ Ombra nefasta
verrà
carica
d’infinite certezze
come
l’albero della cuccagna
al
carnevale de’ pazzi.

No
non credere
alle
finte risposte,
finisci il cammino.
A
mezzogiorno
recati
al platano
godendo
della frescura
della foresta
alle tue spalle
e
del
fiume
dinnanzi a te:

TACI!

fai
Silenzio
dentro l’anima
acquieta
lo spirito
regola
il respiro
che
sia
quello del mondo.
ora cammina
verso tua Madre
incontra tuo Padre
fatti divorare
dagl’istinti
copula
nella Natura
cogliendone
i frutti più succosi
e
muori.
lascia
la materia densa
il corpo putrefatto
diventi
 Terra,
fuoco fauto
sia
Aria
torna
Acqua
purificati
sii
Fuoco.
Sii
ogni elemento
nell’essenza
più profonda,
trasmutati
nella parte
infinitesimale
del creato
tornando ad evolverti.
Nel platano
sii
pietra
pianta
sii
l’Unicorno
incuriosito
spaventato
e
fiero
per tornare infine
Uomo.
nel
Silenzio
del tuo Tempio
senza più domande
sii
quel Simbolo
e
scopri
tacendo
l’indicibile
essenza
il significato
occulto.
torna
al mondo
ri-velando
ai
questuanti
indicando
con gesti
a
quanti
riconoscerai
Fratelli
senza
bisogno di parole


Gioia –Salute – Prosperità
© Michele Leone

Immagine presa dalla rete. Tiziano, Amor sacro e Amor profano, dipinto circa 500 anni fa


martedì 2 giugno 2015

Inciampare nel passato

Capita, mentre si cerca qualcosa di trovare altro da ciò che si cercava, così per caso questo pomeriggio sono inciampato nel mio passato. Ho trovato alcune cartelle con all’interno una molteplicità di documenti. Le prime raccolte di poesie, ©Fuoco sotto la cenere che non ha mai visto la luce in cui poesia e narrativa stentata tentavano una improbabile fusione, ed i miei deliri. Il delirio, ricordo ancora quando lo concepii e lo sviluppai. Era estate, una di quelle estati torride del meridione che possono dare alla testa e lasciare segni permanenti J. Sapevo, meglio, intuivo che non sarei mai stato capace di scrivere un romanzo. Il delirio, voleva essere una forma di racconto breve brevissimo, fuori dagli schemi di una storia. Il tentativo, era piuttosto un flusso di coscienza o di emozioni in cui avrebbero dovuto essere presenti esperienze pre razionali, un mix di conscio ed inconscio. Erano gli anni della gioventù delle infinite chiacchierata davanti al mare o in locali fumosi, whisky e birra, sigarette (troppe), sogni e donne (poche). Si parlava di arte, di scrittura, di professori troppo noiosi, ci si affacciava sul mare magnum della speculazione, si iniziava ad esperire l’ignoto, l’esoterismo. Platone, Cusano, Bruno e chi più ne ha ne metta; estetica e letteratura.. i primi viaggi e gli amori quelli cocenti che speravi durassero per sempre e le gli amori quelli finti che speravi durassero qualche ora. La poesia primo grande ed imperituro amore e da poeta diventare per gioco narratore, narratore di storie altre attraverso la storia, quella di solito fa addormentare sui banchi. E scrittore, alla fine non mi sono sentito mai, ma che gioia quando mi appellavano poeta, ma su tutto conoscendo la mia natura ho scoperto di essere un artigiano che ama il proprio lavoro e è soddisfatto di lavorare da solo nella sua bottega. La foto allegata è uno dei deliri, ah cosa sono “gli anni della liberazione”? ne parliamo un’altra volta…
Gioia – Salute - Prosperità

© Michele Leone



Nota sul Viaggiare e la Lingua

Ajāpa: il praṇava (la sacra sillaba om) interiore, avvertibile per mezzo del japa (la ripetizione di un mantra); il suono interiore dell’om, il suono primordiale, la vibrazione vitale che permea l’universo, che si fa evidente con la pratica spirituale.

I frammenti di ciò che è sparso sono ovunque, non tutti hanno gli occhi, le orecchie ed il cuore per raccoglierli nella propria interiorità e pazientemente assemblarli alla guisa di un mosaico. La distinzione tra cultura, meglio, fra tradizione occidentale ed orientale è data dalla limitatezza del punto di osservazione, dalla incapacità di rischiare e incamminarsi sulla Via. La Tradizione: è una, molteplici le sue manifestazioni per permettere alle diverse incarnazioni di avvicinarsi alla Via. Che sia sud o nord, est od ovest poco importa. E se si è ad occidente bisogna riuscire a trasmutare quanto vi è di “utile per la cerca” in oriente e viceversa. Chi cammina nudo sui cocci od attraverso i roseti, inevitabilmente avrà modo di esperire ferite e tagli, inevitabilmente rischierà di pungersi con la rosa. Senza rosa, senza la “puntura” della sua spina non si può essere nella Via. Non è sufficiente attendere, bisogna saper attendere. L’attesa, da certi punti di vista paragonabile al silenzio dei neofiti di molte scuole iniziatiche, non è una azione statica, ma dinamica. Dinamicità che prevede l’uso della volontà, naturale conseguenza del desiderio e della disciplina. Chi è nel mito è rito.                     Molteplici le strade da seguire. Verso l’alto che è come il basso, verso l’esterno che è come l’interno. L’interiorità spesso frammentata in molteplici parti. Alcune celate perché l’individuo possa ricordare quanta oscurità regna nell’essere, per ricomporre il puzzle, per ricomporre ciò che è sparso bisogna conoscere anche quanto vi è di più orrendo, e giungere a quanto vi è di più atavico e “originale”, bisogna sgrezzare ed eliminare ogni sovrastruttura consci che queste unitamente a quanto è nascosto e dimenticato sono al tempo stesso limite e protezione.                                                    Quanto ha creato il manifesto e il non manifesto, ha generato secondo suono, numero e parola a loro volta genitori di quel numero, peso e misura che si incontrano il alcuni testi sacri o mitologici. La parola nella sua forma più debole costituisce il mezzo per la comunicazione tra gli esseri umani, nella sua forma più forte, più autentica, l’autenticità spesso è sinonimo di virilità, è una delle manifestazioni della potenza pronta a tramutarsi in atto o semplicemente a sancire. La parola in questa accezione muore a se stessa per diventare altro da sé, suono o vibrazione.
Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l'un l'altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. Genesi 11, 1-9
E’ forse questa la lingua? E’ forse un omaggio un tentativo di tornare a Migdol Bavel? No, bisogna tornare ancora più indietro se si usa un sistema esistenziale e di pensiero di tipo cronologico, bisogna danzare altre danze se si è più vicini al suono delle stelle. Le culture, gli epigoni dei Padri, disperi nello spazio e nel tempo hanno tentato di spiegare l’inspiegabile, alla meglio allo potuto indicare e gesti e parole spezzate. Eppure della lingua, per il danzatore di Sophia, vi sono tracce e segni ovunque nel cammino. Che essa assuma vari nomi è solo parte del gioco. Che essa sia Lingua degli uccelli o Gaia scienza o lo schiocco della lingua in una delle lingue dell’africa o la sacra sillaba fa poca differenza. Ovunque vi sono tracce da seguire ed insegnamenti da prendere, in questo il silenzio del neofita accompagna sempre i Maestri e gli occhi dell’infante sono i loro occhi. Danzando senza pregiudizio, aprendo il cuore e gli stadi e “strati” dell’essere si può arrivare a sentire il suono, la prima vibrazione. Parteciparne è un “miracolo”, miracolo dinnanzi al quale bisogna farsi sacerdoti dell’unica religione possibile (Religione non intesa come re-ligare ma come re-legere).
Gioia – Salute -  Prosperità
© Michele Leone

P.S. oggi niente immagini ma “qualcosa” da ascoltare durante la lettura.


Post in evidenza

Welcome http://micheleleone.it/

Ciao a tutti, oggi voglio segnalarvi la nascita del mio sito: http://micheleleone.it/ Spero di ritrovarvi numerosi su questa nuova piat...