domenica 24 novembre 2013

Nota 0.1 Parola e Silenzio


Le poche righe che seguono sono preparatorie ad un lavoro più ampio. In questo momento, non vi è volontà se non accidentale di indagare sull’idea di Parola e Silenzio nella Massoneria, ma di iniziare a tentare di inquadrare il problema in uno spazio più ampio e con uno sguardo critico. Ad esempio le righe che seguono e il discorso che verrà vogliono indirizzare al non utilizzo del termine parola in contesti “iniziatico-esoterici” e comunque in quelle valli ove l’intelletto si spinge verso l’essere. L’essere per il momento è volutamente minuscolo in quanto è prematuro interfacciarci con l’ESSERE.

Dal vocabolario Treccani: paròla s. f. [lat. Tardo parabŏla (v. parabola1), lat. Pop. *paraula; l’evoluzione di sign. Da «parabola» a «discorso, parola» si ha già nella Vulgata, in quanto le parabole di Gesù sono le parole divine per eccellenza]. 1. Complesso di fonemi, cioè di suoni articolati, o anche singolo fonema (e la relativa trascrizione in segni grafici), mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto di una frase.

Se mettiamo un attimo da parte la definizione vediamo che la paròla è relativamente giovane e mantiene la sua forza vitale nel senso della parabola, infatti originariamente questo era il senso, ovvero, un insegnamento e nei secoli per estensione e divenuta la parola che di per se è insufficiente a se stessa in quanto ha bisogno di altre parole per completare e rendere esprimibile un pensiero.

Un sinonimo di parola, ormai non più in uso, ma strategico ai fini di questo discorso è verbo. Soprattutto se prendiamo le accezioni che ad esso si riferiscono non tanto alla grammatica, che poco interesse ha in questo viaggio, ma quelle di verbo inteso come verbum o meglio come Logos. Per ora prendiamo il Logos in quanto Logos e non disperdiamo energie nella differenza che ci potrebbe essere tra quello Eracliteo e quello Giovanneo. Il dire, l’esprimere non già un qualunque pensiero, ma l’essere deve essere necessariamente vincolato ad una forma espressiva basata sul Logos. Questo dire, nasce da una riflessione che è duplice. In primo luogo l’essere che si ripiega su se stesso  scendendo nella propria interiorità (v.i.t.r.i.o.l.) prima di ascendere e in secondo luogo l’essere che si rispecchia e rispecchia quello che è e che non può essere diversamente. Questa è una delle motivazioni, se non la motivazione per cui nelle scuole iniziatiche veniva e viene imposto ai neofiti il silenzio. Essi non posso ancora staccarsi dalla materia (metalli) e collegare il loro essere al Logos, sono impegnati nel re-flectere ed a quello struere, di cui ho detto altrove, che li impegna nella fase di distruzione prima ancora che di costruzione.

Michele Leone

sabato 23 novembre 2013

Recensione del libro di Barbara Frale, L’inganno del gran rifiuto


Barbara Frale, L’inganno del gran rifiuto. La vera storia di Celestino V, papa dimissionario, introduzione di Franco Cardini, Utet 2013

Il libro della Frale ha molti pregi, è facile da leggere, ricco di note per approfondire quanto detto nei vari capitoli, preciso e puntuale. Non è il classico saggio di storia, sul quale ci si addormenta, riesce a tenere viva l’attenzione del lettore dalla prima all’ultima pagina. Barbara non ha bisogno di presentazioni e l’introduzione di Franco Cardini rende solo più appetibile la lettura di questo saggio, che dà uno spaccato di quanto è successo in un periodo controverso e fatto più di “storie di parte” che di storia. Lodevole anche l’impegno dell’editore, ha centrato un buon formato tascabile, un prezzo accessibile e soprattutto è buona l’idea di comprendere nel prezzo di copertina del libro anche l’ eBook scaricabile gratuitamente compreso nel prezzo. Un difetto, una pecca imperdonabile questo libro la ha, ed è una colpa grave vista anche l’importanza dell’editore e quanto è consigliato nell’introduzione: “Chi avrà la pazienza o la serietà di leggerle (le note), si accorgerà che queste pagine gli cambieranno sotto gli occhi di senso e di qualità: e gli apriranno dinanzi inediti, inattesi e perfino ispirati sentieri di ricerca e d’interrogazione del passato.”. Quale è questo difetto? Quello di rendere la lettura difficile, lenta e macchinosa grazie alla “genialata” di inserire le note in coda al testo e non a piè pagina. Pecca ancora più grave in quanto le note delle due parti sono divise e con numerazione assestante, quindi se lo leggete sull’autobus fate attenzione anche a quale nota andate a leggere. Ma forse gli impaginatori della Utet sono sadici e perversi, o remano contro Cardini e vogliono che le note non vengano lette….

Buona lettura

Michele Leone

domenica 10 novembre 2013

Nota sulla perdita dei segreti del mestiere dei costruttori


“La storia della costruzione e dei costruttori delle cattedrali è in stretto rapporto con la rinascita delle città e dei commerci, con il sorgere della borghesia, ed anche delle prime libertà civili.  Com’è noto, l’invasione araba del VII secolo chiuse il Mediterraneo agli scambi con l’Oriente e l’Occidente e, di conseguenza, il commercio e l’industria dell’Europa occidentale, sopravvissuti per qualche tempo alle invasioni barbariche, giunsero a un punto morto. La vita urbana si fece più spenta, i mercanti scomparvero, l’organizzazione municipale cessò di esistere. Le conoscenze tecniche degli operai dell’antichità andarono perdute. Se qualcuno avesse misteriosamente conservato i segreti del mestiere, per esempio tra gli scalpellini e i tagliatori di pietra, non sarebbero di nuovo occorsi secoli di tentativi e di esperienza prima di ritrovare una buona tecnica.”

Questa frase del Gimpel contenuta nel suo lavoro I costruttori di Cattedrali, oltre ad essere interessante di suo, può essere utile almeno per due motivi:

1)      La storia dei tagliatori di pietra probabilmente non ha una tradizione continuativa ma una somma di tradizioni che nei secoli, millenni se volgiamo lo sguardo all’antico Egitto ed oltre, si sono sommate ed il cui risultato non è obbligatoriamente una somma algebrica, ma potrebbe dare un risultato esponenziale alle tradizioni sommate.

2)      Una riflessione si impone. Da più parti si sente dire che la Massoneria Moderna è erede delle corporazioni o gilde di costruttori dell’antichità in generale e dell’età di mezzo in particolare. Poi se a questi stessi dotti assertori si chiedono dettagli, iniziano a raccontare storielle che nella migliore delle ipotesi accontentano studenti delle scuole medie inferiori; quindi è auspicabile che si moltiplichino gli studi di protostoria della Massoneria. Studi che non siano di parte, ma si aprano alla storia sociale del medioevo, alla storia della scienza, della filosofia etc etc.

Michele Leone

domenica 3 novembre 2013

Appunti sull’uso del grembiulino nell’Ordine e nei Riti massonici 1.0


STORIELLA A MODO DI PREMESSA

Tanto tempo fa in un monastero un gatto entrava nell'abbazia durante la messa miagolava e saltava sull'altare, l'abate non potendo tollerare oltre, chiese ai novizi di prendere il gatto e legarlo prima della funzione per liberarlo alla fine della stessa. Passarono molti Abati e molte generazioni di novizi, sempre il gatto veniva legato prima della funzione e liberato alla fine della stessa. Questa storia continuò sino all'arrivo di un giovane Abate che chiese ai novizi il motivo per cui legavano il gatto per slegarlo alla fine della messa. La loro lapidaria risposta fu: “perché così facevano i novizi prima di noi, perché si è sempre fatto così”. Ascoltata la risposta l' Abate disse loro di non legare più il gatto ed andò via meditabondo.

Senza ma senza se senza citazioni

Ho scelto deliberatamente di non usare citazioni prese da libri, anche dai più autorevoli autori. Non per presunzione ma per due semplici motivi. Il primo: tutti voi probabilmente siete più fini conoscitori di me della letteratura massonica e “scozzese”. Il secondo: un lavoro pieno di copia ed incolla o diventa un guazzabuglio o diventa uno studio scientifico. Senza ma e senza se, perché è giusto e doveroso esporre le proprie idee anche se vanno contro la maggior parte delle opinioni (d'altronde già Parmenide attaccava l'opinione come finta conoscenza). La Massoneria è una scuola che forgia al rispetto ed al confronto ma anche e soprattutto nei gradi del Rito Scozzese dovrebbe insegnarci a non essere pavidi, ma uomini volenterosi di conoscere ed esprimere il proprio pensiero anche fuori dal coro.

Appunti volanti

Il grembiulino di cuoio o pelle prima e di seta poi è strumento di lavoro indispensabile oltre che segno di appartenenza ed insegna. In signum dalla radice sak che sta per mostrare. Signum, ovvero, ciò che serve a far conoscere o a dare un indizio. In questo senso, a parer mio, ha una duplice valenza. La prima è quella di una manifestazione esterna del grado di consapevolezza raggiunto. La seconda, valida soprattutto per i grembiuli del Rito, è che essi siano uno strumento di meditazione; guardandoli essi aiutano attraverso la meditazione a cogliere il “secretum” dei vari gradi che rappresentano. Questo solo per parlare della parte anteriore dei grembiulini, spesso ci si dimentica che essi sono anche  composti (e ne è parte integrante) da una “corda” (lacci). Questa “corda” che serve a cingerli ai fianchi trasforma il grembiule in un cingolo atto a separare ciò che è in alto da ciò che è in basso, separare quanto vi è di materiale da quanto vi è di spirituale. Del resto il rimando al sacro è immediato. Infine se il grembiule è il primo strumento di lavoro e protezione, perché mai in una Loggia di Perfezionamento, in Capitolo ecc. si dovrebbe rinunciare al suo utilizzo?

Considerazioni necessarie e forse insufficienti sul grembiule come strumento

Durante l’iniziazione Massonica, il grembiule viene cinto attorno alla vita e vengono consegnati i guanti. In questa occasione di solito l'oratore tra le altre cose spiega che essi sono degli strumenti. Ma cos'è uno strumento? Potremmo dire che lo strumento è tutto ciò con cui e per il quale mezzo si può operare un azione. Nella sua etimologia troviamo instruere che sta per costruire, ma instruere è all' origine anche di istruire (che potremmo leggere come istruire dall'interno);  struere oltre che ad istruire, rimanda ad altre due parole che sia nel significato letterale che in quelli  più profondi sono o dovrebbero essere legati; esse sono costruire e distruggere. Nella prima è presente la particella con (insieme) e strudere (unire, ordinare), quindi mettere insieme più oggetti ordinatamente[1]; nella seconda è presente la particella privativa de con senso contrario, quindi avremo destruere (disfare, abbattere). Dopo aver risposto e divagato sul cosa possa essere uno strumento, la domanda successiva è: cosa ci faccio? Lo uso! È una risposta semplice, forse banale, ma con implicazioni forti. Cosa significa usare il grembiulino? Di certo non basta cingerlo, ma se iniziassimo a farlo sarebbe già un passo avanti. Bisogna fare un salto e proiettarci nel mondo sottile per percepirne la vera importanza. Non solo sui piani sottili, anche sul piano fisico esso è un memento da un lato ed un faro che ci guida nelle riflessioni sui simboli dall'altro. Gli strumenti sia fisici che no vengono donati al massone perché li possa usare per sempre più perfezionarsi nell'Arte; al singolo adoperarsi per diventare membro migliore della Scuola e soprattutto per poter meglio trasmettere ciò che è stato ricevuto.

Michele Leone

Bibliografia essenziale

Porciatti U.G., Simbologia massonica -  gradi scozzesi, Atanòr 1981

Sebastiani A., La luce massonica vol. 4, Hermes Edizioni 1993

Mainguy I., Simbolica dei gradi di perfezione e degli ordini di saggezza, Edizioni Mediterranee 2007

Bernard E. Jones, Guida  e compendio per i liberi muratori, Atanor 2001

Palingenius, L’Orthodoxie Maconnique, in La Gnose, n° 6 1910



[1] Con una certa “assonanza” questa parola può rievocare il dovere massonico di riunire ciò che è sparso.

venerdì 1 novembre 2013

Appunti sulle Tavole massoniche


Il lavoro massonico, nel senso del lavoro individuale messo a disposizione e condiviso con gli altri si esplica nell’incisione delle tavole. Ma cosa è una tavola? In cosa consiste? Come va redatta?  

Agli occhi di molti queste posso sembrare domande banali finanche scontate, ma è davvero così? Non ho una risposta certa, ma per certo l’interrogarsi non è mai banale e se pensiamo a tutti coloro e si affacciano agli studi delle cose massoniche ed ai neofiti queste domande acquisiscono un senso ed una valenza primaria.

Iniziamo col dare una definizione di tavola: Una Tavola è un lavoro svolto in forma scritta da un massone su un determinato argomento attinente le cose della Massoneria in generale e del grado massonico in cui verrà letta in particolare, al suo interno dovrebbe anche contenere il secretum dello scalpellino che l’ha redatta sull’argomento in oggetto. Questa definizione contiene al suo interno le indicazioni fondamentali per lo sviluppo del lavoro. E’ fondamentale che gli argomenti trattati siano esclusivamente massonici come è altresì indispensabile che siano riferiti al grado in cui si lavora e non al grado di colui che la scrive. A solo titolo di esempio è noto che la leggenda di Hiram è un argomento che non può essere trattato in Loggia di Apprendista Accettato o di Compagno, ma può essere affrontato esclusivamente in una Camera di Mezzo. Una Tavola scritta da un A.A. o da un Maestro su di uno stesso argomento avrà inevitabilmente un approccio e delle argomentazioni diverse. Parlo di diverso e non di migliore o peggiore, perché non vi è giudizio, ma solo una diversità di percorso affrontato e probabilmente profondità di visione sulla via della conoscenza, meglio sulla strada verso Sofia.

Potremmo avere di massima due macro categorie di Tavole: 1) quelle che affrontano argomenti puramente simbolici[1]. 2) tavole che affrontano argomenti storici.

Le Tavole che affrontano argomenti simbolici, dovrebbero essere redatte, oltre che tramite lo studio dei simboli e le parole di coloro che hanno prima di noi affrontato tali argomenti attraverso la meditazione. Meditazione che può essere intesa come “meditazione passiva” e “meditazione attiva”. La meditazione passiva è quella che avviene durante i lavori nel tempio ed i simboli attivi (o attivati dalla cerimonia) agiscono a livelli più o meno profondi sulla coscienza e l’essere dell’iniziato. La meditazione attiva è per certi versi opposta a quella passiva. Nella meditazione attiva l’operaio agisce anche con il pensiero e re-flecte su un singolo simbolo per meglio penetrarlo. Il livello di penetrazione del simbolo e la conseguente conoscenza simbolica dipendo da una molteplicità di fattori che in questa sede non è opportuno valutare. Questo tipo di tavole, mai dovrebbero avere a che fare con il nozionismo e per usare un linguaggio contemporaneo con operazioni di copia ed incolla che renderebbero sterili il lavoro e la crescita individuale e collettiva.

Le Tavole su argomenti storici o simili, per loro natura sono diverse dalle prime. La loro utilità è nell’insegnamento che si ha dalla storia e dalla conoscenza delle proprie radici. Anche queste tavole andrebbero redatte nei vari gradi. Il loro svolgimento da un lato dovrebbe seguire le normali impostazioni di un “lavoro” scientifico per quanto riguarda le fonti e le citazioni dall’altro dovrebbe contenere il pensiero e l’ “idea” dell’esecutore del lavoro. Per questo motivo queste Tavole sarebbero da affidare a fratelli che hanno esperienza e consapevolezza del percorso massonico.

 

Michele Leone



[1] Uso volutamente il termine simbolici in quanto sarebbe, almeno in una certa visione, un assurdo o un rindondante barocchismo parlare di argomenti esoterici. Non ha senso parlare di esoterismo, se si parte dal presupposto che in una qualche maniera la Massoneria sia in una qualche maniera una scuola iniziatica e “custode” di insegnamenti occulti.  


domenica 27 ottobre 2013

Massoneria donne e cantieri


0.1 appunti per un ripensamento e nuovo umanesimo degli studi latomistici

 

Queste poche righe sono un primo schizzo per un lavoro più ampio che non può essere completato in questa sede, voglio essere un promemoria ed una “provocazione” allo stesso tempo.

Parlare di massoneria, non è facile, per assurdo non è facile “ascoltare” di massoneria, nel senso che le informazioni e le controinformazioni sono così tante, varie ed in taluni casi avariate che è quasi impossibile senza una guida approcciarsi all’argomento. Una volta che ci si avvicina alla massoneria, bisogna poi intendere a quale aspetto di questa Società ci si vuole avvicinare. Ci si può avvicinare alla Massoneria vera e propria, ovvero, quella azzurra, si possono studiare i vari Riti, si può cercare nella storia, si può essere affascinati dall’aspetto esoterico, si può cercare la Lobby ed il Diavolo e così via. Come se questo non bastasse molti autori massonici ed antimassonici si pongono come detentori di verità assolute. Questo quadro apparente sconfortante si complica ancora di più quando si entra nel mondo della proto massoneria (ovvero il periodo anteriore al 24/06/1717). Il problema di molti studi sulla massoneria sta nell’approccio alla questione. Moltissimi autori e non si sa perché ignorano tutti i riferimenti e gli autori canonici che si sono occupati di storia, filosofia etc. nei periodi presi in esame, è quasi come un tirarsi fuori dalla realtà e dalla comunità scientifica ed accademica. Non sono un amante delle accademia e delle comunità scientifiche, ma ignorarle a volte non è un bene.

Ma veniamo al titolo di questa nota, le donne per la massoneria di stampo Anglosassone che si rifà agli antichi usi, come stabilito nei landmark e nelle costituzioni di Anderson del 1723 non posso essere iniziate. Ma è vero che le donne non facevano parte delle corporazioni dei muratori? Lo stesso vale per i cantieri, la storia dell’architettura, la storia sociale del medioevo, etc. spesso si è preferito idealizzare o “strumentalizzare” anziché studiare, paragonare, verificare. Sulla stessa carta di Bologna del 1248 A.D. esistono troppo pochi studi. Eppure nelle antiche costumanze, negli antichi statuti esistono informazioni ed usi su pratiche utilizzate dalla massoneria contemporanea senza più consapevolezza e/o memoria.

Guardando le bibliografie di innumerevoli studi sulla massoneria ci accorgiamo dell’assenza di autori fondamentali per uno studio “scientifico” della materia. Ecco alcuni grandi assenti: J. Le Goff, J. Huzinga, M. Bloch, F. Cardini, E. Garin, U. Eco, E. Zolla, W. Tatarkiewicz, J. Baltrusaitis, C. Charbonneau-Lassay, E. Gilson, A. de Libera, E. Male, E. Panofsky, solo per citare alcuni autori. Queste assenze, soprattutto per quei lavori che si pongono al di fuori di un esoterismo tout court denotano, seppur in buona fede, un’impossibilità ad un approccio ampio e slegato da una visione settaria e dogmatica della massoneria, non basta queste assenze impediscono di avere degli strumenti forti verso i detrattori della Massoneria.

Mi rendo conto, mentre scrivo, che queste righe sono diventate altro dal mio intendimento originale e stanno diventando una critica (non nell’accezione volgare) a molti studiosi che tanto hanno dato. Senza questa critica, senza un ripensamento forte dell’approccio allo studio delle cose massoniche forse non cambierà nulla, ma se amplieremo lo spettro, se lanceremo al di la dei sogni e dei desiderata il nostro spirito ed intelletto forse riusciremo a meglio penetrare un mondo complesso ed affascinante come quello della Massoneria.

Michele Leone
 
 

sabato 12 ottobre 2013

Nota sul 1717 e la nascita della così della Massoneria speculativa


Queste brevi ed insufficienti considerazioni nascono da un post su FB di qualche giorno addietro e dalla mia promessa di dare una sintetica risposta alla sua autrice.

La prima e fondamentale considerazione quando di parla della così detta Massoneria speculativa è quella che: la presa di coscienza di un qualunque fenomeno spesso non coincide con la sua effettiva nascita. La seconda considerazione è che per praticità gli storici e non solo hanno bisogno di poter determinare un punto zero per convenzione, a questo riguardo il giugno  1717 è stato preso come data di nascita della Massoneria moderna volgarmente detta speculativa. Questa data non è ne simbolica ne iniziatica è semplicemente una data convenzionale come per convenzione il così detto medioevo termina con la scoperta dell’America nel 1492 o per altri potrebbe terminare nel 1453 con la prima edizione a stampa della Bibbia di Gutemberg e così via. Quindi possiamo affermare che da un punto di vista “esoterico” questa data non ha nessun valore, lo ha da un punto di vista storico (per convenzione) e soprattutto è importante per le conseguenze di quell’incontro preliminare avvenuto alla taverna dell’oca e della graticola.

Stabilito il punto 0 alla stregua di un novello “Giano” dovremmo rivolgere il nostro sguardo indietro ed in avanti per comprendere come si è giunti a questa nascita e come si sia sviluppata nella storia la Massoneria Moderna.

Se volgiamo lo sguardo indietro come datiamo e quali periodi incontriamo? Fin dove dobbiamo spingere lo sguardo e le datazioni? La questione è complessa, ma possiamo semplificarla  prendendo delle macro categorie temporali, in questo momento ignoriamo volutamente le implicazioni spaziali. Potremmo definire, con un termine inesatto, come prima macro categoria quella della PROTOSTORIA che va dal 23/06/1717 al giorno in cui troviamo il primo documento inerte l’arte della costruzione o un’organizzazione più o meno stabile di muratori. E’ evidente che la protostoria al suo interno avrà tutta sua serie di categorie spaziali e temporali. La seconda macro categoria potremmo definirla come EPOCA DEL MITO che non si basa sulle categorie del tempo in senso stretto ma, su quelle della immaginazione, del mito e in una qualche maniera degli insegnamenti esoterici. Se da un lato questa macro categoria è in massima parte spinta in epoche remotissime e leggendarie dall’altro si avvicina od entra nella storia quando ad esempio si fa rifermento alla nascita del grado di Maestro Muratore.

Volgendo lo sguardo in avanti rispetto al nostro punto 0, avremo la macro categoria della storia, qui sarebbe necessario oltre ad una categorizzazione dei periodi temporali, anche una categorizzazione dello spazio e delle implicazioni e connessioni tra i vari luoghi.

Queste primissime considerazioni servono a comprendere che una frase del tipo: “il 1717 è la nascita o la morte della massoneria”  è necessariamente una frase incompleta  vera e falsa allo stesso tempo se non viene definita all’interno di uno specifico discorso.

In conclusione si può affermare senza tema di essere smentiti che il 24 giugno 1717 è una data convenzionale e nulla più! Quello che potrebbe essere importante affrontare e studiare è l’implicazione che ha questa data, o meglio, quanto accaduto in questa data ha sul vergognoso gioco dei riconoscimenti e delle patenti che tradendo uno degli scopi della Massoneria, riunire ciò che è sparso, ha generato divisioni e fratture che ancora oggi paiono insanabili “politicamente ed esotericamente”.

Michele Leone

domenica 6 ottobre 2013

Il calendario Massonico


Al posto di calendario, sarebbe più opportuno parlare di calendari Massonici in quanto molti “Riti” tendono ad averne uno proprio. Lo scopo di questa breve e sintetica descrizione è quello di parlare del Calendario della Massoneria propriamente detta, ovvero quella azzurra. Il calendario al di la delle divergenze e della “farsa” dei riconoscimenti internazionali o della Gran Loggia di Londra, dovrebbe essere una delle poche cose davvero universali che unisce la varie comunioni massoniche.

A partire delle Costituzioni di Anderson del 1723 d.C. si è soliti aggiungere 4000 anni all’era cristiana. L’era cristiana, detta anche comune o Anno Domini è per la Massoneria Era Volgare che si abbrevia in E\V\. I 4000 anni che vengono aggiunti voglio “simbolicamente” rappresentare l’inizio del mondo. L’era Massonica è detta Anno Lucis o anno di Vera Luce, pur avendo lo stesso significato le abbreviazioni sono diverse ed avremo A\L\ per Anno Lucis e V\L\ per anno di Vera Luce.

Sin qui non vi sono dubbi, fatto salvo qualche equivoco che potrebbe nascere da documenti di vari “Riti” che riportano datazioni diverse. I “problemi” e le maggiori confusioni nascono con  l’inizio dell’anno, problemi che dovrebbero riguardare solo coloro che non hanno mai sentito parlare di cose massoniche. Il capodanno del nostro calendario inizia con il 1° gennaio, festa dedicata al divino Giano il dio dai due volti e che permetteva o meno l’accesso ai templi durante le cerimonie. Equivalente funzione, per la Massoneria la hanno i due San Giovanni “copritori” delle porte solstiziali. Per molte religioni, culture, popolazioni presenti e passate l’inizio dell’anno rappresenta un momento topico e non a caso di solito viene ad essere in prossimità di uno dei due momenti equinoziali. Per la Massoneria capodanno è il primo giorno del mese di marzo. Marzo, mese dell’equinozio di primavera e mese del primo segno dello zodiaco.

I mesi del calendario Massonico hanno un nome diverso da quelli utilizzati nel calendario profano, anche se questa nomenclatura è praticamente estinta e dimenticata può essere opportuno riportarla a beneficio di chi voglia approfondire l’argomento

 

Marzo
Nissam
Aprile
Tiar
Maggio
Sivam
Giugno
Thamuz
Luglio
Ab
Agosto
Ellul
Settembre
Tisri
Ottobre
Chenan
Novembre
Kisler
Dicembre
Thebet
Gennaio
Sherat
Febbraio
Adar

 

Michele Leone

martedì 10 settembre 2013

In anteprima l'indice de Il linguaggio simbolico dell'esoterismo

Attendendo giovedì per l'uscita di Il linguaggio simbolico dell'esoterismo a voi l'indice in anteprima:

L’ESOTERISMO E I SUOI SIGNIFICATI
IL VOLTO CELATO DEL SIMBOLISMO ESOTERICO
MONDO ANTICO E ESOTERICO
ALLA RICERCA DELLE ORIGINI
L’ESOTERI...SMO CRISTIANO
LE ALTRE RELIGIONI
IL SANTO GRAAL: UN GRANDE SIMBOLO ESOTERICO
IL SIMBOLISMO ESOTERICO DELL’ARCHITETTURA
I SIGNORI DEL SIMBOLISMO ESOTERICO: I CAVALIERI TEMPLARI
ESOTERISMO DELLA PAROLA
IL SIMBOLISMO ESOTERICO DELLA POESIA
IL SIMBOLISMO DEI NUMERI
L’ESOTERICO SIMBOLISMO DELL’ALCHIMIA
IL LINGUAGGIO SEGRETO DELLA PORTA MAGICA DI ROMA
IL SIMBOLISMO ESOTERICO DELLA MASSONERIA

 Buona lettura
Michele
 
 

sabato 31 agosto 2013

Del Pellicano


Il pellicano è presente nella maggior parte dei bestiari medievali ed è uno degli animali designati per eccellenza a raffigurare il Cristo.
In questo dipinto è raffigurato nell' atto di strapparsi pezzi di carne dal fianco per nutrire i suoi piccoli.
Vediamo cosa dice il Fisiologo sul pellicano e quello che è scritto in altri testi, in modo da poter comprendere sia quante possibili interpretazioni potesse avere un unico segno-simbolo sia per dimostrare quanto abituata ad uno sforzo del genere fosse la mentalità dei medievali dotti e non.


" Il Fisiologo ha detto del pellicano che ama moltissimo i figli: quando ha generato i piccoli, questi, non appena sono un po cresciuti, colpiscono il volto dei genitori; i genitori allora li picchiano e li uccidono. In seguito però ne provano compassione, e per tre giorni piangono i figli che hanno ucciso. Il terzo giorno, la madre si percuote il fianco e il suo sangue effondendosi sui corpi morti dei piccoli li risuscita.

Così anche il Signore ha detto nel libro di Isaia: << Ho generato ed allevato dei figli, ma essi mi hanno respinto >> [ Is., 1.2 ]. Ci ha generato l' Artefice di tutte le creature, e noi l' abbiamo percosso; e come l' abbiamo percosso? Abbiamo venerato la creature invece del Creatore. E' salito sulle altezze della croce il Salvatore nostro e dal suo fianco aperto sono sgorgati il sangue e l' acqua per la salvezza e la vita eterna... "[1].

Questo è quanto ci dice il Fisiologo del
pellicano ora vedremo altre interpretazioni su questo animale, che resta emblema del Salvatore.

Mentre il Fisiologo non ci dice niente sulla natura fisica del pellicano,  Philippe de Thaun[2] nel suo Bestiaire ci dice che è una gru e che si trova in Egitto. Ne esistono due specie la prima acquatica e si nutre di pesci, la seconda vive sulle isole e si nutre di lucertole e creature immonde; aggiungendo che entrambe le specie sono di natura malvagia.[3] De Thaun prosegue raccontando del come e del perché il padre[4] uccida i piccoli e poi spiega moralmente il significato del suo racconto. L' unica differenza di rilievo con il Fisiologo è il
seguente passo: " Ora udirete secondo autorità/ cosa significa questo,/ perché l' uccellino/ becca l' occhio al padre/ e il padre é afflitto/ quando li uccide in quel modo:/ chi nega la verità/ vuole trafiggere l' occhio di Dio,/ e Dio di tali Uomini / si vendicherà./ Tenetelo a mente,/ questo è il significato."[5]

Prima di commentare questo passo e di confrontarlo con quello che dice, Fisiologo vediamo cosa dicono altri autori e poi tireremo le somme del discorso, per aprire una piccola parentesi sul simbolismo cristologico del pellicano al di là dei contenuti dei Bestiari.

Gervaise[6] nel suo Bestiaire si attiene sostanzialmente al fisiologo non aggiungendo
nessuna novità o commento di rilievo.

Nel Libro della natura degli animali[7] c'è un interessante commento morale: " Questo pulicano si è simigliato al nostro criatore. Che quando lo nostro signore creoe lo pimaio homo indel paradyso delitiano e dèlli compagnia sì come elle le domandò, inmantitenti si levò incontra e passoe lo commandamento di colui che l' aveva criato, per consiglio del dimonio che llo ingannò per lo falso consiglio che lli disse, che s' elli mengiasse di quello pomo, ch' elli sapperebbe tanto quello che ll' avea criato; e elli li divenne tutto lo contrario, sì como Dio li disse quando li fe' lo commandamento, ch' elli non sarebbe may morto né infirmato né vergognato né avuto freddo né caldo né fame, né sete né lanciato; e tutto questo li avenne, e poi moritte e andò al limbo dell' inferno con quanti ne naqueno dipo llui, infine al tempo che venne pietade al gentile criatore che vedea che erano stati morti li suoi filioli più di cinquemila anni, e amando lo suo dolce filiolo lo quale è tutta una cosa co lui, che isparse lo suo dolcissimo sangue, co lo quale sangue unse e risuscitoe tutti quelli che erano stati suoi filili, che denno essere di fine alla fine del mondo. E intendesse per li filioli di Dio tutti quelli che fanno e aviano fatto la sua voluntade, e quelli che non fanno e non faciano la voluntade de Dio non sonno soi filioli, né Dio li suscita né non suscitoe: E di che morte li suscitoe Dio? della perpetuale; ch' elli non era homo che tanto fusse stato buono ch' elli non fusse stato morto in inferno, se non fuosse lo spargimento del sangue del nostro segnor e padre Jesu Cristo "[8]

 Il Bestiario moralizzato[9] ed il Bestiario di Cambridge[10] non ci portano nessuna nuova notizia sul pellicano e si attengono soprattutto alle notizie riportate nel Fisiologo.

Cecco d' Ascoli nell' Acerba[11] pur rimanendo fedele ai significati allegorico-morali legati alla figura di questo animale, e al filone legato al Fisiologo, cambia il modo in cui vengono uccisi i piccoli del pellicano: " Il policano col paterno amore/ tornando al nido fatigando l' ale,/ tenendo li suo nati sempre al core,/ vedeli uccisi dall' impio serpe/ e tanto per amor de lor li 'ncale/ che lo suo
lato fin al cor discerpe./ Piovendo 'l sangue sopra li suoi nati/ dal cor, che sente le gravose pene,/ de morti alla vita son tornati."[12] Avremo modo di parlare in seguito pel perché c'è un cambiamento così radicale nella morte dei piccoli del pellicano, che ha una forte connotazione simbolica e teologica.

Se il  Liber monstrorum[13] non parla del pellicano, un lungo discorso è presente nell' opera dell' abate Guillaume:[14] " Del pelican est grand merveille/ quer unques nule mère oelle/ N' aima tant son petit aignel/ Comme il fet son petit oisel./ Quant ses poucinetz à esclos,/ En eus norrit et char et os/ Met tot sa peine et sa cure./.../ Quer quant il sont norris
et granz/ Et auques sages et puissanz/ Si bèchent lor peres el vis./ Et tant lors sont et eschis,/ Que lor père de fin corroz/ Les ocit et les tue toz./ Au tiers ior vient le père à eus;/ Si les quenoist, pitié a d' eus/ Tant les aime d' amor parfaite./ Quand donc vient et si les visite;/ De son bec perce son coste,/ Tant qu' il en a del sanc oste;/ De cel sanc qui d' ilec est fors/ Lors ramaine la vie et cors/ A ses poucins, n' en doutez mie/ Et en tel sens les vivifie/.../ Dex est vrai péican/ Qui por nos trist peine et ahan/ oez que dist la prophécie/ Par le boen Prophete Ysaie:/ le engendre, fet damledeu, fiz;/ Quant les oi creuz et norris,/ Ils me depistrent et me hairent/ Et mes commendementes desfirent./ .../ Por nos péchiez mors estions/ Quant au Père pitié en prist./ Nostre verai Deu Ihesu-Crist/ Son chier fiz, enveia en terre,/ Por fere pes de nostre guerre./ Dex devint hom por nos péchiez/ Circuncisis et baptisiez,/ et por nostre salvation/ Soffrit torment et passion,/ Prendre se lessa et tenir./ .../ Et clouficichier et piez et mains./ Le Sauveor, de pitié plains,/ Se laissaférir el costé;/ Si savons bien, de vérité,/ Que li sanc et l' ève en issit./ Par cest sanc sommes toz gari,/ Par cest sanc nos racheta vie/ Et nos osta de la baillie/ Du felon qui a nom Sathan./ Dez qui est verai pelican/ nos raient en itel manière/ Comme la gent qu' il out
moult chière.
"[15] 

Nell' Europa cristiana il pellicano è arrivato la prima prima volta tramite il Fisiologo, ed è sempre stato emblema del Cristo. In Grecia questo animale è chiamato Pelekos da pelekus, che significa scure. Infatti, se si nota l' apertura dello smisurato becco, questa rassomiglia alle antiche scuri. Senza fare riferimento al simbolismo cristologico di questo animale Isidoro[16] ci dice: " Pellicanus, avis Aegiptia, habitans in solitudine Nili fluminis, unde et nomen sumpsit; nanc Canopus Aegiptus dicitur. Fertur, si verum est, eam occidere natos suos, eosque per triduum lugere, deinde seipsam vulnerare, et aspersione su sanguinis vivificare filios."[17]

Come si è visto dai passi sopra riportati, il pellicano è simbolo di purificazione ed in questo senso è emblema o allegoria del Cristo. Esso non ciba i propri piccoli con la propria carne o il
proprio sangue ma dona loro la vita per la seconda volta. Questo animale è spesso utilizzato dagli artisti per le loro raffigurazioni sia pittoriche[18] che scultoree.

Il pellicano è soprattutto emblema eucaristico, ma nei secoli successivi al Medioevo, in particolar modo durante l' Umanesimo ed il Rinascimento, è diventato, anche il simbolo della carità divina, fino a divenire uno dei simboli del Compagniaggio e della Massoneria[19].

Un' ultima osservazione va fatta sulla morte dei pulcini del pellicano. E' possibile che ad ucciderli
sia il serpente, nelle storie successive, al posto del padre, poichè col passare del tempo è sempre più forte l' immagine cristologica di questo animale e quindi  non è possibile che un' immagine del Cristo possa essere furiera di violenza e morte. In secondo luogo, se il pellicano è il Cristo e i piccoli sono gli uomini è dilaletticamente e simbolicamente giusto far morire i piccoli del Pellicano-Cristo per ' mano ' di Satana il serpente. Il serpente uccidendo i pulcini-uomini permette due cose: in primo luogo da la prova provata della debolezza degli esseri umani. In secondo luogo nel momento stesso della morte dei piccoli da la possibilità a trascendente di intervenire e resuscitare le creaure morte, in modo che ciò che è scritto nelle profezie e nei salmi si possa avverare.

Michele Leone


[1] Anonimo, Il Fisiologo, a c. di Francesco Zambon, Adelphi, Milano 1993, pg. 43.
[2] Thaun de Philippe, Bestiaire, sta in: Bestiari Medievali, a c. di L. Morini, Giulio Einaudi editore, Torino 1996.
[3] Thaun Philippe de, Op. cit. pg. 233.
[4] Mentre nel Fisiologo è la madre ad uccidere i piccoli, in quest'opra come in altre sarà il padre. Si suppone che il cambiamento tra padre e madre sia dovuto ad errori di trascrizione. Per un maggiore approfondimento si rimanda alla nota 83 a pg.284.
[5] Thaun Philippe de, Op. cit., pg. 237.
[6] Gervaise, Bestiaire, sta in: Bestiari Medievali, a cura di L. Morini, Giulio Einaudi editore, Torino 1996, pp. 337-339.
[7] Anonimo, Libro della natura degli animali, a c. di L. Morini, Giulio Einaudi editore, Torino 1996, pp. 454-455. ( da ora quest' opera verrà chiamata Bt in quanto è anche detta Bestiario Toscano).
[8] Anonimo, Op. cit., pg. 454 - 455.
[9] Anonimo, Bestiario moralizzato, sta in: Bestiari medievali, a c. di L. Morini, Giulio Einaudi editore, Torino 1996, pp. 513.
[10] Anonimo, Bestiario di Cambridge, Trad. it di S.Ponzi, Intr. di F. Zambon, Pres. di U. Eco, Franco Maria Ricci editore, Parma-Milano 1974, pp. 160-161.
[11] Ascoli Cecco d', L' Acerba, sta in: Bestiari Medievali, a c. di L. Morini, Giulio Einaudi editore, Torino 1996, pp. 584-585.
[12] Ascoli Cecco d', Op. cit., pp. 584-585.
[13] Anonimo, Liber monstrorum, Intr.,  ed., vers. e comm. di F. Porsia, Dedalo Libri,     Bari 1976.
[14] Guillaume, Le Bestiaire divin de Guillaume, clerc de Normandie, Ediz. di C. Hippeau, Caen, Hardel, 1852.
[15] Del pellicano è grande meraviglia/ Poiché mai una pecorella/ Amò tanto il suo agnellino/ Quanto il pellicano amò il suo uccellino./ Dopo aver fatto schiudere i suoi pulcini,/ Nel nutrirli in carne ed ossa/ Egli mette tutta la sua cura e la sua fatica/ .../ Poi, quando essi sono cresciuti e grandi/ Ragionevoli e potenti/ Colpiscono il padre col becco alla testa./ Ed allora sono felloni e cattivi,/ Tanto che il loro padre alla fine offeso/ Li colpisce a morte e li uccide tutti./ Al terzo giorno il padre torna a loro/ Li riconosce, ha pietà di loro/ Tanto li ama di perfetto amore./ Viene dunque e li visita;/ Poi con il becco si ferisce al fianco/ tanto da farne uscire il sangue;/ E con il sangue che da lui sgorga/ Egli riporta la vita nei corpi/ dei suoi pulcini, non dubitate./ ed in questo modo li vivifica./ .../ Iddio è il vero pellicano,/ Che per noi ha sopportato pena e fatica./ Ascoltate ciò che dice la profezia/ Del buon profeta Isaia:/ Ho generato, dice il Signore Dio, dei figli;/ Dopo averli nutriti, Mi hanno disprezzato e mi hanno odiato/ ed hanno violato i miei comandamenti/.../ Eravamo morti a causa dei nostri peccati/ Quando il Padre ebbe pietà di noi./ Il nostro vero Dio Gesù Cristo,/ Suo diletto figlio, inviò sulla terra/ Per pacificare la nostra rivolta./ Dio divenne uomo a causa dei nostri peccati/ Fu circonciso e battezzato,/ E, per la nostra salvezza, Soffri i tormenti della Passione, Si lascio prendere prigioniero./ .../ Ed inchiodare i piedi e le mani./ Ed il Salvatore pieno di pietà/ Si lasciò colpire al costato;/ E noi sappiamo in verità/ Che ne uscì sangue ed acqua./ Attraverso questo sangue siamo tutti guariti;/ Questo santo sangue riscattò la nostra vita/ E ci ha strappato dal potere/ Del fellone che ha nome Satana./ Dio, che è il vero Pellicano,/ Ci ha riscattati in questo modo,/ Come la famiglia che ha lui è più cara.
Guillaume, Op. cit., pp. 207-210.
[16] Isidori Hispalensis Episcopi, Etymologiarum sive Originum libri XX, P.L. 82; 462
[17] Il pellicano è un uccello dell' Egitto che abita in solitudine il fiume Nilo, da cui ha preso il nome, poiché Egitto è detto Canapos. Si dice che esso uccida i suoi pulcini e li pianga tre giorni. E dopo si procura una ferita e grazie all' aspersione del suo sangue, i piccoli rivivono.
[18] Esempio possono essere: un pellicano sulla croce dipinto su seta bianca, del secolo XV. Conservato al museo del Louvre di Parigi e Il pellicano sull' iscrizione della croce. Dipinto da Lorenzo di Giovanni nel XV secolo, oggi conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
[19] E' interessante notare che nell' iconografia massonica il pellicano si becca sulla parte sinistra del corpo, anzichè sulla destra. Sarebbe utile uno studio sull' argomento in particolare e più in generale uno studio su come la Massoneria ed altre associazioni di Compagnaggio utilizzino e cambino simboli propri del cristianesio ed altre religioni.

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