domenica 24 novembre 2013

Nota 0.1 Parola e Silenzio


Le poche righe che seguono sono preparatorie ad un lavoro più ampio. In questo momento, non vi è volontà se non accidentale di indagare sull’idea di Parola e Silenzio nella Massoneria, ma di iniziare a tentare di inquadrare il problema in uno spazio più ampio e con uno sguardo critico. Ad esempio le righe che seguono e il discorso che verrà vogliono indirizzare al non utilizzo del termine parola in contesti “iniziatico-esoterici” e comunque in quelle valli ove l’intelletto si spinge verso l’essere. L’essere per il momento è volutamente minuscolo in quanto è prematuro interfacciarci con l’ESSERE.

Dal vocabolario Treccani: paròla s. f. [lat. Tardo parabŏla (v. parabola1), lat. Pop. *paraula; l’evoluzione di sign. Da «parabola» a «discorso, parola» si ha già nella Vulgata, in quanto le parabole di Gesù sono le parole divine per eccellenza]. 1. Complesso di fonemi, cioè di suoni articolati, o anche singolo fonema (e la relativa trascrizione in segni grafici), mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto di una frase.

Se mettiamo un attimo da parte la definizione vediamo che la paròla è relativamente giovane e mantiene la sua forza vitale nel senso della parabola, infatti originariamente questo era il senso, ovvero, un insegnamento e nei secoli per estensione e divenuta la parola che di per se è insufficiente a se stessa in quanto ha bisogno di altre parole per completare e rendere esprimibile un pensiero.

Un sinonimo di parola, ormai non più in uso, ma strategico ai fini di questo discorso è verbo. Soprattutto se prendiamo le accezioni che ad esso si riferiscono non tanto alla grammatica, che poco interesse ha in questo viaggio, ma quelle di verbo inteso come verbum o meglio come Logos. Per ora prendiamo il Logos in quanto Logos e non disperdiamo energie nella differenza che ci potrebbe essere tra quello Eracliteo e quello Giovanneo. Il dire, l’esprimere non già un qualunque pensiero, ma l’essere deve essere necessariamente vincolato ad una forma espressiva basata sul Logos. Questo dire, nasce da una riflessione che è duplice. In primo luogo l’essere che si ripiega su se stesso  scendendo nella propria interiorità (v.i.t.r.i.o.l.) prima di ascendere e in secondo luogo l’essere che si rispecchia e rispecchia quello che è e che non può essere diversamente. Questa è una delle motivazioni, se non la motivazione per cui nelle scuole iniziatiche veniva e viene imposto ai neofiti il silenzio. Essi non posso ancora staccarsi dalla materia (metalli) e collegare il loro essere al Logos, sono impegnati nel re-flectere ed a quello struere, di cui ho detto altrove, che li impegna nella fase di distruzione prima ancora che di costruzione.

Michele Leone

sabato 23 novembre 2013

Recensione del libro di Barbara Frale, L’inganno del gran rifiuto


Barbara Frale, L’inganno del gran rifiuto. La vera storia di Celestino V, papa dimissionario, introduzione di Franco Cardini, Utet 2013

Il libro della Frale ha molti pregi, è facile da leggere, ricco di note per approfondire quanto detto nei vari capitoli, preciso e puntuale. Non è il classico saggio di storia, sul quale ci si addormenta, riesce a tenere viva l’attenzione del lettore dalla prima all’ultima pagina. Barbara non ha bisogno di presentazioni e l’introduzione di Franco Cardini rende solo più appetibile la lettura di questo saggio, che dà uno spaccato di quanto è successo in un periodo controverso e fatto più di “storie di parte” che di storia. Lodevole anche l’impegno dell’editore, ha centrato un buon formato tascabile, un prezzo accessibile e soprattutto è buona l’idea di comprendere nel prezzo di copertina del libro anche l’ eBook scaricabile gratuitamente compreso nel prezzo. Un difetto, una pecca imperdonabile questo libro la ha, ed è una colpa grave vista anche l’importanza dell’editore e quanto è consigliato nell’introduzione: “Chi avrà la pazienza o la serietà di leggerle (le note), si accorgerà che queste pagine gli cambieranno sotto gli occhi di senso e di qualità: e gli apriranno dinanzi inediti, inattesi e perfino ispirati sentieri di ricerca e d’interrogazione del passato.”. Quale è questo difetto? Quello di rendere la lettura difficile, lenta e macchinosa grazie alla “genialata” di inserire le note in coda al testo e non a piè pagina. Pecca ancora più grave in quanto le note delle due parti sono divise e con numerazione assestante, quindi se lo leggete sull’autobus fate attenzione anche a quale nota andate a leggere. Ma forse gli impaginatori della Utet sono sadici e perversi, o remano contro Cardini e vogliono che le note non vengano lette….

Buona lettura

Michele Leone

domenica 10 novembre 2013

Nota sulla perdita dei segreti del mestiere dei costruttori


“La storia della costruzione e dei costruttori delle cattedrali è in stretto rapporto con la rinascita delle città e dei commerci, con il sorgere della borghesia, ed anche delle prime libertà civili.  Com’è noto, l’invasione araba del VII secolo chiuse il Mediterraneo agli scambi con l’Oriente e l’Occidente e, di conseguenza, il commercio e l’industria dell’Europa occidentale, sopravvissuti per qualche tempo alle invasioni barbariche, giunsero a un punto morto. La vita urbana si fece più spenta, i mercanti scomparvero, l’organizzazione municipale cessò di esistere. Le conoscenze tecniche degli operai dell’antichità andarono perdute. Se qualcuno avesse misteriosamente conservato i segreti del mestiere, per esempio tra gli scalpellini e i tagliatori di pietra, non sarebbero di nuovo occorsi secoli di tentativi e di esperienza prima di ritrovare una buona tecnica.”

Questa frase del Gimpel contenuta nel suo lavoro I costruttori di Cattedrali, oltre ad essere interessante di suo, può essere utile almeno per due motivi:

1)      La storia dei tagliatori di pietra probabilmente non ha una tradizione continuativa ma una somma di tradizioni che nei secoli, millenni se volgiamo lo sguardo all’antico Egitto ed oltre, si sono sommate ed il cui risultato non è obbligatoriamente una somma algebrica, ma potrebbe dare un risultato esponenziale alle tradizioni sommate.

2)      Una riflessione si impone. Da più parti si sente dire che la Massoneria Moderna è erede delle corporazioni o gilde di costruttori dell’antichità in generale e dell’età di mezzo in particolare. Poi se a questi stessi dotti assertori si chiedono dettagli, iniziano a raccontare storielle che nella migliore delle ipotesi accontentano studenti delle scuole medie inferiori; quindi è auspicabile che si moltiplichino gli studi di protostoria della Massoneria. Studi che non siano di parte, ma si aprano alla storia sociale del medioevo, alla storia della scienza, della filosofia etc etc.

Michele Leone

domenica 3 novembre 2013

Appunti sull’uso del grembiulino nell’Ordine e nei Riti massonici 1.0


STORIELLA A MODO DI PREMESSA

Tanto tempo fa in un monastero un gatto entrava nell'abbazia durante la messa miagolava e saltava sull'altare, l'abate non potendo tollerare oltre, chiese ai novizi di prendere il gatto e legarlo prima della funzione per liberarlo alla fine della stessa. Passarono molti Abati e molte generazioni di novizi, sempre il gatto veniva legato prima della funzione e liberato alla fine della stessa. Questa storia continuò sino all'arrivo di un giovane Abate che chiese ai novizi il motivo per cui legavano il gatto per slegarlo alla fine della messa. La loro lapidaria risposta fu: “perché così facevano i novizi prima di noi, perché si è sempre fatto così”. Ascoltata la risposta l' Abate disse loro di non legare più il gatto ed andò via meditabondo.

Senza ma senza se senza citazioni

Ho scelto deliberatamente di non usare citazioni prese da libri, anche dai più autorevoli autori. Non per presunzione ma per due semplici motivi. Il primo: tutti voi probabilmente siete più fini conoscitori di me della letteratura massonica e “scozzese”. Il secondo: un lavoro pieno di copia ed incolla o diventa un guazzabuglio o diventa uno studio scientifico. Senza ma e senza se, perché è giusto e doveroso esporre le proprie idee anche se vanno contro la maggior parte delle opinioni (d'altronde già Parmenide attaccava l'opinione come finta conoscenza). La Massoneria è una scuola che forgia al rispetto ed al confronto ma anche e soprattutto nei gradi del Rito Scozzese dovrebbe insegnarci a non essere pavidi, ma uomini volenterosi di conoscere ed esprimere il proprio pensiero anche fuori dal coro.

Appunti volanti

Il grembiulino di cuoio o pelle prima e di seta poi è strumento di lavoro indispensabile oltre che segno di appartenenza ed insegna. In signum dalla radice sak che sta per mostrare. Signum, ovvero, ciò che serve a far conoscere o a dare un indizio. In questo senso, a parer mio, ha una duplice valenza. La prima è quella di una manifestazione esterna del grado di consapevolezza raggiunto. La seconda, valida soprattutto per i grembiuli del Rito, è che essi siano uno strumento di meditazione; guardandoli essi aiutano attraverso la meditazione a cogliere il “secretum” dei vari gradi che rappresentano. Questo solo per parlare della parte anteriore dei grembiulini, spesso ci si dimentica che essi sono anche  composti (e ne è parte integrante) da una “corda” (lacci). Questa “corda” che serve a cingerli ai fianchi trasforma il grembiule in un cingolo atto a separare ciò che è in alto da ciò che è in basso, separare quanto vi è di materiale da quanto vi è di spirituale. Del resto il rimando al sacro è immediato. Infine se il grembiule è il primo strumento di lavoro e protezione, perché mai in una Loggia di Perfezionamento, in Capitolo ecc. si dovrebbe rinunciare al suo utilizzo?

Considerazioni necessarie e forse insufficienti sul grembiule come strumento

Durante l’iniziazione Massonica, il grembiule viene cinto attorno alla vita e vengono consegnati i guanti. In questa occasione di solito l'oratore tra le altre cose spiega che essi sono degli strumenti. Ma cos'è uno strumento? Potremmo dire che lo strumento è tutto ciò con cui e per il quale mezzo si può operare un azione. Nella sua etimologia troviamo instruere che sta per costruire, ma instruere è all' origine anche di istruire (che potremmo leggere come istruire dall'interno);  struere oltre che ad istruire, rimanda ad altre due parole che sia nel significato letterale che in quelli  più profondi sono o dovrebbero essere legati; esse sono costruire e distruggere. Nella prima è presente la particella con (insieme) e strudere (unire, ordinare), quindi mettere insieme più oggetti ordinatamente[1]; nella seconda è presente la particella privativa de con senso contrario, quindi avremo destruere (disfare, abbattere). Dopo aver risposto e divagato sul cosa possa essere uno strumento, la domanda successiva è: cosa ci faccio? Lo uso! È una risposta semplice, forse banale, ma con implicazioni forti. Cosa significa usare il grembiulino? Di certo non basta cingerlo, ma se iniziassimo a farlo sarebbe già un passo avanti. Bisogna fare un salto e proiettarci nel mondo sottile per percepirne la vera importanza. Non solo sui piani sottili, anche sul piano fisico esso è un memento da un lato ed un faro che ci guida nelle riflessioni sui simboli dall'altro. Gli strumenti sia fisici che no vengono donati al massone perché li possa usare per sempre più perfezionarsi nell'Arte; al singolo adoperarsi per diventare membro migliore della Scuola e soprattutto per poter meglio trasmettere ciò che è stato ricevuto.

Michele Leone

Bibliografia essenziale

Porciatti U.G., Simbologia massonica -  gradi scozzesi, Atanòr 1981

Sebastiani A., La luce massonica vol. 4, Hermes Edizioni 1993

Mainguy I., Simbolica dei gradi di perfezione e degli ordini di saggezza, Edizioni Mediterranee 2007

Bernard E. Jones, Guida  e compendio per i liberi muratori, Atanor 2001

Palingenius, L’Orthodoxie Maconnique, in La Gnose, n° 6 1910



[1] Con una certa “assonanza” questa parola può rievocare il dovere massonico di riunire ciò che è sparso.

venerdì 1 novembre 2013

Appunti sulle Tavole massoniche


Il lavoro massonico, nel senso del lavoro individuale messo a disposizione e condiviso con gli altri si esplica nell’incisione delle tavole. Ma cosa è una tavola? In cosa consiste? Come va redatta?  

Agli occhi di molti queste posso sembrare domande banali finanche scontate, ma è davvero così? Non ho una risposta certa, ma per certo l’interrogarsi non è mai banale e se pensiamo a tutti coloro e si affacciano agli studi delle cose massoniche ed ai neofiti queste domande acquisiscono un senso ed una valenza primaria.

Iniziamo col dare una definizione di tavola: Una Tavola è un lavoro svolto in forma scritta da un massone su un determinato argomento attinente le cose della Massoneria in generale e del grado massonico in cui verrà letta in particolare, al suo interno dovrebbe anche contenere il secretum dello scalpellino che l’ha redatta sull’argomento in oggetto. Questa definizione contiene al suo interno le indicazioni fondamentali per lo sviluppo del lavoro. E’ fondamentale che gli argomenti trattati siano esclusivamente massonici come è altresì indispensabile che siano riferiti al grado in cui si lavora e non al grado di colui che la scrive. A solo titolo di esempio è noto che la leggenda di Hiram è un argomento che non può essere trattato in Loggia di Apprendista Accettato o di Compagno, ma può essere affrontato esclusivamente in una Camera di Mezzo. Una Tavola scritta da un A.A. o da un Maestro su di uno stesso argomento avrà inevitabilmente un approccio e delle argomentazioni diverse. Parlo di diverso e non di migliore o peggiore, perché non vi è giudizio, ma solo una diversità di percorso affrontato e probabilmente profondità di visione sulla via della conoscenza, meglio sulla strada verso Sofia.

Potremmo avere di massima due macro categorie di Tavole: 1) quelle che affrontano argomenti puramente simbolici[1]. 2) tavole che affrontano argomenti storici.

Le Tavole che affrontano argomenti simbolici, dovrebbero essere redatte, oltre che tramite lo studio dei simboli e le parole di coloro che hanno prima di noi affrontato tali argomenti attraverso la meditazione. Meditazione che può essere intesa come “meditazione passiva” e “meditazione attiva”. La meditazione passiva è quella che avviene durante i lavori nel tempio ed i simboli attivi (o attivati dalla cerimonia) agiscono a livelli più o meno profondi sulla coscienza e l’essere dell’iniziato. La meditazione attiva è per certi versi opposta a quella passiva. Nella meditazione attiva l’operaio agisce anche con il pensiero e re-flecte su un singolo simbolo per meglio penetrarlo. Il livello di penetrazione del simbolo e la conseguente conoscenza simbolica dipendo da una molteplicità di fattori che in questa sede non è opportuno valutare. Questo tipo di tavole, mai dovrebbero avere a che fare con il nozionismo e per usare un linguaggio contemporaneo con operazioni di copia ed incolla che renderebbero sterili il lavoro e la crescita individuale e collettiva.

Le Tavole su argomenti storici o simili, per loro natura sono diverse dalle prime. La loro utilità è nell’insegnamento che si ha dalla storia e dalla conoscenza delle proprie radici. Anche queste tavole andrebbero redatte nei vari gradi. Il loro svolgimento da un lato dovrebbe seguire le normali impostazioni di un “lavoro” scientifico per quanto riguarda le fonti e le citazioni dall’altro dovrebbe contenere il pensiero e l’ “idea” dell’esecutore del lavoro. Per questo motivo queste Tavole sarebbero da affidare a fratelli che hanno esperienza e consapevolezza del percorso massonico.

 

Michele Leone



[1] Uso volutamente il termine simbolici in quanto sarebbe, almeno in una certa visione, un assurdo o un rindondante barocchismo parlare di argomenti esoterici. Non ha senso parlare di esoterismo, se si parte dal presupposto che in una qualche maniera la Massoneria sia in una qualche maniera una scuola iniziatica e “custode” di insegnamenti occulti.  


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