sabato 23 maggio 2015

Nota 0523 Sulla parola e sul silenzio

Con il fluire del tempo percepisco sempre maggiormente la parola come strumento necessario ed insufficiente e alle volte, come non necessario. Questo è uno dei motivi per cui deve essere scarna, nuda e viva, uno dei motivi per cui deve possedere la virilità e la capacità di fecondare. Questa come ogni “iniziato” deve morire e rinascere; deve divenire altro da sé. E questa iniziazione potrebbe quasi essere un “sacrificio spirituale” (logiké) che in Paolo diventa logikē latreia (Rm 12,1- culto spirituale). Questo, banalmente, uno dei motivi per cui in tutte le scuole iniziatiche è fatto obbligo del silenzio ai neofiti; questo uno dei motivi del ritorno al silenzio, di molti maestri.
Questo uno dei motivi del “segreto” e del silenzio degli iniziati sulle cose afferenti i Misteri. Come può dire chi non padroneggia la parola viva, come può egli illustrare? Questo uno dei motivi delle iperboli, delle metafore, delle allegorie sino ad arrivare ai simboli, essi stessi sono parole altre di linguaggi altri. Che sia parola o simbolo, prima di giungere all’ultima trasformazione deve portare a compimento la sua propria ipseità (*); questo compimento da un verso è paragonabile alla morte iniziatica o alla putrefazione alchemica. Se il paragone è corretto, allora, non sarà l’ultima delle fasi del suo processo evolutivo, sarà semplicemente uno dei primi stadi per giungere a quella vibrazione o musica delle stelle che è la lingua unica dei molteplici Mondi.
Gioia – Salute – Prosperità
© Michele Leone
Immagine presa dalla rete



(*) Vedi e Cfr. Francesco Tomatis, Ipseità, diversità e dia-ferenza. In Teoria 2006/1, pp. 31-35.



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