Io che porto d'amor l'alto
vessillo,
Gelate ho spene e gli desir
cuocenti:
A un tempo triemo, agghiaccio, ardo
e sfavillo,
Son muto, e colmo il ciel de strida
ardenti:
Dal cor scintillo, e dagli occhi
acqua stillo;
E vivo e muoio e fo riso e lamenti:
Son vive l'acqui, e l'incendio non
more,
Ché a gli occhi ho Teti, ed ho
Vulcan al core,
Altr'amo, odio me stesso;
Ma s'io m'impiumo, altri si cangia
in sasso;
Poggi'altr'al cielo, s'io mi
ripogno al basso;
Sempre altri fugge, s'io seguir non
cesso;
S'io
chiamo, non risponde;
E quant'io cerco più, più mi s'asconde.
Giordano Bruno, Eroici
Furori, Parte prima dialogo secondo
A volte l’acqua non
spegne il fuoco che arde, lo rafforza ed alimenta. Neanche la terra può
qualcosa innanzi all’ardere del fuoco dell’amore. Anche se arde e non brucia
ogni fuoco consuma e trasforma materia sia essa sottile o spessa. Poco importa
che con gli alambicchi si cerchi una cottura dolce o a bagno Maria! Nel
continuo gioco, nelle trasformazioni che si susseguono si arriva sempre più
alla essenza del proprio essere, ogni volta i mostri sono più spaventosi e le
ferite più profonde, la via non può non mietere le vittime che si fermano al
primo accidente. E non è sempre una questione di mera conoscenza, spesso la
sana incoscienza guidata da voci di sirene, che altro non sono i desideri più profondi,
le memorie più antiche, porta alla vera meta. Il tutto subito, non è
consigliabile tranne nell’improbabile manifestazione di ciò che è. Inseguire l’amore,
e diventare amore passando ognuno per i propri inferni. Così sia detto, così
sia fatto, così sia scritto
Gioia – Salute –
Prosperità
© Michele Leone
Immagine del cuore presa dalla rete
Le altre immagini sono
affreschi nel duomo di Orvieto, foto mie.
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