venerdì 5 settembre 2014

Appunti amorevol-teoretici di Alchimia Spirituale 0.3

Le fasi dell’Opera sono molteplici. Finite e non finite. Finite perché possono essere enumerate, non finite perché è necessario tornare e rettificare. Nulla nell’Opera è inutile o di spreco, al massimo di scarto. Come nella distillazione dello spirito di vino dobbiamo tagliare la testa e la coda, lo stesso dobbiamo fare con la distillazione durante l’opera. Lo scarto non va gettato. Come in un cantiere, i materiali di risulta, che sono superflui, superflui in quel cantiere, possono se ben adoperati essere fondamenta per un nuovo lavoro di edificazione.

La terra e la materia, sono spesso il punto di partenza. In essa la putrefazione ma, anche la generazione. Strumento tra i più importanti è il silenzio e l’ascolto. Silenzio che ha varie forme quanti sono i colori del cielo nelle ore del giorno e della notte. Silenzio che mai è uguale a se stesso, ma che deve mantenere un’intenzione. Ben dice Filone:
“Ci sono uomini per i quali è conveniente solo ascoltare e non parlare, e di questi è detto <<Fà silenzio ed ascolta>> (Deut. 27,9): davvero un ottimo precetto! Siccome l’ignoranza è sfrontatezza e chiacchiera, il primo rimedio è il silenzio; il secondo è l’attenzione rivolta a coloro che dicono cose degne d’essere ascoltate. Non si deve pensare, tuttavia, che questo sia l’unico significato del precetto:  <<Fà silenzio ed ascolta>>. Esso ne esprime un altro ancora più profondo. Infatti non incita a far silenzio con la lingua e ad ascoltare con le orecchie, ma anche a far silenzio ed ascoltare con l’anima. Molti, infatti, pur andando ad ascoltare qualcuno, non ci vanno con la loro mente, ma vagano fuori e van pensando a mille argomenti […] e a causa della gran confusione che nasce dentro di loro non riescono ad ascoltare chi parla: questi parla, ma non come fosse tra gli uomini, bensì tra pupazzi senza anima, che hanno orecchie, ma non sentono. Se, dunque, l’intelletto deciderà di non occuparsi di nessuna delle cose che vengono dal di fuori, né di quelle che serba nel suo intimo, ma, mirando alla quiete della tranquillità, si protende verso Colui che parla, facendo silenzio secondo il precetto di Mosè, allora potrà ascoltare veramente con attenzione: altrimenti non ne avrà mai la forza.”. FILONE, L’erede delle cose divine, 10-13.

Questo stato, il silenzio, è una delle operazioni e strumenti fondamentali, non per comprendere l’Opera ma, per potersi avvicinare ad essa. Senza silenzio è meglio restare nella materia e giocare i giochi dei sensi.

 Gioia Salute Prosperità
© Michele Leone

Dialogo immaginario tra Averroè e Porfirio (filosofo greco-orientale), da un manoscritto del Trecento
 

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