Oggi
è una di quelle giornate in i cui pensieri fanno fatica a dipanarsi e restano aggrovigliati in una matassa, in
una palla con la quale forse non giocherebbe neanche un gatto. Ed allora meglio
mettersi a lavorare in altro modo e forma. E’ quasi pronta la prima stesura
della nuova edizione de La Porta Ermetica di Giuliano Kremmerz che
probabilmente vedrà al luce nel periodo natalizio per i tipi di Mondi Velati
editore. Vi riporto senza commento la prefazione che per un gioco di rimandi e
“coincidenze” rimanda ad uno dei miei ultimi post quando parlo del “Canto dei
Cantici” e alla dedica e introduzione de “Le magie del simbolo”.
Prefazione
Dedico
a te, o Maria, esempio di inaudita fedeltà, queste pagine brevi, stampate, per
volontà non mia, per iniziare ai secreti della tua anima ermetica i dotti
fanciulli della ingenua umanità. Maga, sacerdotessa, zingara, cartomante,
medichessa, astrologa, divina – seduttrice ed ammaliatrice sempre – sei passata
e passi anche tu attraverso al labirinto delle vittime di due estremi, la fede
ignorante e la boria scientifica dei terrestri. Quindi non meravigliarti se la
mia prosa sarà accolta come Calandrino di Messer Boccaccio in Mugello.
Non
so ora, o Maria, dove ti trovi e quale maschera porto, ma questo libro ti
arriverà lo stesso e con un sorriso eroico, quel famoso sorriso dei pasticcetti
con crema di frutta, dirai:
- Toh! Parla un morto della tragedia
storica che vissi e piansi in omaggio alla gratitudine dei popoli melensi,
immemori di chi loro ha donato la libertà del non credere!
E
leggerai e vedrai le due figure che ho insinuate.
La
prima è il caracter adeptorum… una cosa che capiscono tutti al tempo che corre,
nel quale anche gli agenti delle imposte studiano l’occultismo nei manuali
della culinaria vegetariana. E se qualcuno non lo intendesse, basterebbe
domandarne al primo dei filosoi iniziati che ci vengono a predicare il verbo
credere da oltre alpe. Poiché la razza greco-italica è orbata di maestri di
tali cose sublimi, emigrati nel campo psichico forestiero, per acquistare quel
certo tonico scientifico che loro mancava, nel vecchiume cristallizzato
dell’antica esposizione metafisica… e per saperne la interpretazione giusta e
moderna, anzi per penetrarne il mistero arcaico col lumicino filologico che ci
fa difetto.
Sol
voglio farti notare, o Maria, che intorno al circolo è scritto: Non formido
mori, voto melioris ovilis: Nam ante oculos mihi ceu in speculo stat vita
fortuna che in lingua maccheronica, salv complicazioni internazionali, vorrebbe
dire che all’adepto sta innanzi agli occhi come in uno specchio la vita futura
e che, quindi, non si spaventa della morte pel desiderio di migliorare l’ovile.
E’ quindi ancora, aggiungo io, vano per l’adepto di studiare questa morte che
non gli fa paura e ozioso il parlarne per contentare i curiosi.
Alla
leggenda esteriore va contrapposta una croce di quattro versetti, la più
interna, i quali, dalla posizione della scrittura, si fanno supporre girevoli e
si completano due a due
Crux abit
in lucem – Lux deerit soli
Crux
agit arte ducem – Dux erit umbra solis
Oppure
Lux
deerit soli - Crux abit in lucem
Dux
erit umbra solis - Crux agit arte ducem
E
nel mezzo di un cerchio interiore:
Ergo
sibi simili constantia cardine quadrant
Versetto
che si vuol far precedere o seguire alle due coppie precedenti. Basta un
latinista di ginnasio per non far capire lo spirito di quell’Ergo, ma per
tradurre ci basta un bidello delle scuole regie.
Più
critica è la seconda tavola: Cavea sibyllarum.
Cavea
vuol dire gabbia, recinto, platea o luogo? Guarda il fregio ovale che chiude la
scena: non ti pare un serpente che non abbia ne capo ne coda?
L’autore
annota: cavea sibyllarum, idest cavea virginorum faticanarunt, cioè delle
vergini indovine. Vergini? Ma perché il lettore non prenda abbaglio soggiunge:
idest faemina vel puella, cioè donna o fanciulla cujus pectus Numen recipit, il
petto della quale riceve il Nume. Anche qui un ostacolo: pectus è il petto, il
seno, il cuore, l’anima, il sentimento? Dovresti, o Maria, spiegarlo tu, perché
tu lo sai ogni volta che fai la vergine indovina donde ti escono Dei sententias
sonantes, cioè sentenze sonanti o vocali di Dio!
Come
frontespizio al libro, vi ho fatto incidere la porta ermetica che sta nei
giardini di Roma. Ti ricordi Roma, o Maria? La consoci bene, non dir di no – e
sai che ha tante porte grandi e questa piccola e bassa. La ho scelta perché
certe scritte paiono fatte apposta per le opere che sto incubando pei secoli
futuri – quando i negri corvi partoriranno le bianche colombe, vale a dire
quando in Vaticano si farà colazione con due granelli di pietra filosofica con
asparagi scientifici all’insalata – gli asparagi per prevenire la calcolosi.
Tu
sorridi, o amica diletta tu ridi…
Siimi
serenamente giudice. Aspetto il tuo verdetto. Un fiore. Lo staccherai
dall’albero della Genesi, lasciando che gli altri fruttifichino il bene e il
male, che l’umanità, avanzando, raccoglie e digerisce. Conserva per te la
melagrana, perché ti riconoscerò dalle labbra rosse, come nel Cantico dei
Cantici, e dalla voce regale… perché hai testa di donna e corpo flessuoso di
serpente tentatore: non ridere… lo vedi il cherub dalla spada fiammeggiante che
veglia, ci spia, ci fa da delatore? …oh il perfido eunuco!
Giuliano Kremmerz
Gioia
– Salute – Prosperità
©Michele
Leone
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