Nove maestri si posero, a tale
effetto, in viaggio. Dopo diciassette giorni d'indagini, tre di essi ristettero,
stanchi pel lungo cammino, nel luogo ove era stato seppellito Adonhiram, e, prendendo
in mano il ramo d'acacia, lo strapparono dal suolo; onde pensarono che quella terra
fosse stata smossa di fresco. I nove maestri si misero a scavare la terra; e un
di loro sclamò: - Gli uccisori di Adonhiram furono per avventura compagni che
volevano conoscere la parola di maestro, e dall'incorruttibile Adonhiram non
poterono saperla; onde gli tolsero la vita. Cangiamo pertanto la parola di
maestro; - e fu subito convenuto che la prima parola pronunciata scorgendo il
cadavere, diverrebbe la parola d'ordine. Scopersero infatti il cadavere, e
nell'atto di sollevarlo, l'epidermide staccava si dal corpo; sicché uno dei maestri
esclamò: MACBENAHT (la carne si stacca dall'osso), e questa parola divenne la
parola sacra, il grido dei vendicatori di Adonhiram. L'assenza dei tre compagni, e gli strumenti del
delitto, non aveva lasciato alcun dubbio sovra gli uccisori di Adonhiram, di
cui il più vecchio, come il più colpevole, fu appellato Abibate (assassino del padre). Salomone, riunendo ancora i maestri,
trasse a sorte nove di essi perché si recassero sulle tracce degli omicida. Il capo
della spedizione fu Joaber. I nove maestri giunti a ventisette miglia da
Gerusalemme, dalla parte di Joppa, presso una caverna chiamata Ben Acar, e
collocata vicino al mare, scorsero gli uccisori e li inseguirono. Due di essi,
fuggendo, si gettarono nei paduli, e vi perirono; e il terzo, in quella di essere
raggiunto da Joaber, si diede la
morte. I nove maestri ritornarono in Gerusalemme colle teste dei tre omicida,
che presentarono a Solimano, il quale, a ricompensarli, diede loro il grado di
eletti, e per segno di riconoscimento una sciarpa nera scendente dalla spalla
sinistra al fianco destro con appesovi pugnale dall'aurea impugnatura. E'
furono incaricati dell' ispezione generale de' lavori, e spesso raccolti in
luogo segreto dal re per dar conto delle proprie azioni e porgere giudizio
sovra qualche operaio colpevole.
Ma gli uomini periscono, e i loro concetti, consegnati
alla carta, alla tela od al marmo, non periscono. l lavoratori scompaiono, il lavoro
resta; muoiono i combattenti. ma il frutto della vittoria matura a giusto tempo,
e le generazioni vi attingono succhio rigeneratore. Nell'universale rapina
delle cose e delle esistenze, la vita prosegue immortale il suo corso.
Adonhiram non era più; e il delitto aveva profanate le soglie del tempio; ma
l'opera era sorta, testimonio degli sforzi lunganimi di migliaia d'uomini, e
marmorea pagina in cui migliaia di vite avevano scritto un ricordo. Non
quietava Salomone; le passioni lo divoravano; e non pertanto s'accingeva, a
compiere il mistico mandato, collocando in luogo recondito le leggi segrete di
Mosè, e la scritta contenente il nome del grande Artefice dell'universo, quale
era apparso a Mosè sul monte Orebbe,
nel mezzo di un triangolo di fuoco; nome che l'universale ignorava, e che era pronunciato
dal sacerdote una sol volta all'anno, perché
l'udissero solo i pochi che stavano intorno a lui, e non il popolo, a cui
era imposto fare incondito rumore onde alle sue orecchie non pervenisse. Salomone
aveva fatto costruire segretamente, nel sotterraneo più nascosto del tempio,
una volta alla cui costruzione avevano atteso soltanto i maestri, e nel mezzo
della quale egli aveva collocato un piedestallo triangolare, nomandolo il
piedestallo della scienza. Si scendeva in questa volta mercè una scala di ventiquattro
gradini distribuiti per 3, 5, 7 e 9. Però non sapendo quel che fosse accaduto
del triangolo di Hiram lo fece rintracciare dai maestri; e tre di essi,
guardando nel pozzo nell' ora del mezzogiorno, lo videro scintillare, e lo
ricuperarono, portandolo a Salomone che vedendolo esclamò: Eloin (grazie a Dio). Accompagnato allora da quindici eletti e dai
nove maestri che avevano costrutta la volta sacra, discese nel sotterraneo, e
collocò il triangolo sul piedestallo della scienza, e lo coperse con agata
tagliata in forma quadrangolare, sulla quale fece incidere, superiormente il
nome di consueto usato ad esprimere Iddio, inferiormente le parole segrete
della legge divina, e lateralmente le combinazioni cubiche delle parole sacre;
onde ebbe nome di pietra cubica. Dinnanzi al tripode fece collocare tre lampade
con nove fiamme, ciascuna ardente di luce perpetua. In appresso Salomone
prescrisse di nuovo agli eletti l'antica legge, che vietava di pronunciare il
vero nome del grande Artefice dell'universo; impose loro giuramento di segreto;
e fece impiombare la porta della volta di cui solo i ventisette eletti e i loro
successori conobbero l'esistenza; i quali dopo la morte di Salomone continuarono
a governarsi secondo le leggi d'Adonhiram e vegliarono alla conservazione del
tempio.
G. DE CASTRO
Nessun commento:
Posta un commento